La storia italiana del rapporto della Chiesa con il popolo del Viaggio è breve ed i nomi dei preti che vi si sono dedicati sono, purtroppo, pochi, ma significativi perché sono stati maestri in questa porzione della “Vigna del Signore”.
Per dir la verità faccio un po’ fatica ad usare questa immagine evangelica perché una vigna ha radici profonde e ben radicate in un territorio di cui assume il carattere che restituisce negli aromi e nei sapori dei suoi grappoli che i tralci portano lontano “… perché andiate e portiate frutto”.
Gli amici circensi non hanno radici, non si riconoscono in nessun luogo, non appartengono ad una terra. Questo significa che non hanno, e non possono avere un rapporto con una Comunità Cristiana, con una Parrocchia, una Diocesi, un Vescovo. I “dritti” non potranno mai riconoscere il Parroco od il Vescovo stabilito dal diritto come “loro” parroco, a meno ché la Chiesa non decida di mettersi “in cammino” con loro.
I Vecchi raccontano storie di emarginazione e di accoglienza, di rifiuto e di bontà, di porte sbattute in faccia e spalancate, da parte dei preti che hanno incontrato nello loro vita. Una svolta grande a questo rapporto difficile sembra che sia stata data da S.S. Giovanni XXIII che accolse in Udienza il Circo di Orlando Orfei; la Domenica del Corriere dedicò una copertina all’avvenimento e questo influì abbastanza nell’opinione pubblica, restituendo ai viaggianti una loro propria dignità.
Fu “don Dino” che introdusse il circo nelle stanze vaticane nella Sala Clementina.
Chi nel circo o nel luna park chi non ricorda “don Dino”, in quasi tutte le famiglie è conservata una foto di un matrimonio o di un battesimo che don Dino Torreggiani ha celebrato; anche la Domenica del Corriere gli ha dedicato una copertina con un disegno del celebre Walter Molino che rappresentava don Dino mentre celebra un battesimo nella gabbia dei leoni.
I più anziani ricordano con affetto “don Dino” quando andava a far loro visita nelle carovane, e se i più giovani non lo hanno mai incontrato sicuramente ne hanno sentito parlare.
Don Dino Torreggiani è scomparso quasi trent’anni fa era conosciuto anche fuori da Reggio Emilia perché aveva fondato l’Istituto secolare dei Servi della Chiesa e l’OASNI (Opera Assistenza Spirituale Nomadi in Italia) iniziando un servizio pastorale nel mondo delle carovane a cui nessuno prima aveva pensato. Così sono sorte anche alcune iniziative molto concrete come “Villa Maria” a Treviso per favorire la frequenza scolastica dei viaggianti, la casa per fanciulli Sinti di Badia Polesine e la Casa di Riposo per lo Spettacolo Viaggiante e Circhi Equestri di Scandicci.
È stato sicuramente una delle più significative figure carismatiche e profetiche nel mondo della mobilità.
La sua storia in questo mondo così speciale nasce dalla prima infanzia quando la famiglia ospitava d’inverno sotto il porticato una carovana di sinti, che talora veniva accolta in casa anche per i pasti. Aveva appena 23 anni quando fu ordinato prete e in oltre cinquant’anni di sacerdozio si dedicò ad una grande varietà di servizi pastorali che lo tenevano vicino alla sua gente, ma si trovava nel suo mondo soprattutto nei circhi, nei baracconi, nei luna park. A due giorni dalla sua morte nel 1983 sul settimanale diocesano si scriveva di lui: “In questo mondo caotico dei nomadi, di gente senza dimora, di zingari delle diverse tribù, di popolazione oscura e inafferrabile… don Dino ha trovato il suo migliore habitat d’apostolato. In tutti i baracconi d’Italia, in tutte le carovane di zingari, fra i domatori di belve nei circhi equestri, quel sacerdote col viso aperto ad un sorriso gioviale e con una battuta spiritosa e rapida sempre pronta sulle labbra, mentre dagli occhi sprizzava una luce viva che penetrava nell’ascoltatore, era noto con un solo nome: don Dino”. |